Export e PMI italiane, quali sono le figure operative fondamentali?
Per poter competere a livello internazionale, le nostre PMI hanno bisogno di crescere, innovarsi ed essere in grado di offrire servizi allo stesso livello dei competitor globali. Sembra un’impresa difficile, ma non lo è: questo soprattutto grazie all’avvento delle nuove tecnologie e della digitalizzazione, che riducono lo spazio e i tempi anche per una piccola o media impresa del nostro Paese, la quale riesce così a raggiungere facilmente i clienti in ogni parte del globo.
L’innovazione deve essere sviluppata in maniera continuativa e costruttiva, per non perdere il passo sia dal punto di vista del prodotto/processo, sia da quello della comunicazione e della presenza sul mercato. Parlando di globalizzazione, è bene tenere presente che negli ultimi anni si stanno affermando sempre più nuove professioni che, se da un lato si mostrano indispensabili per l’internazionalizzazione delle PMI, dall’altro sono strettamente legate all’utilizzo della tecnologia.
Per intercettare la domanda dei nuovi mercati esteri, ed in modo particolare dei Paesi emergenti, sarà dunque necessario entrare in familiarità con i termini export manager, international advisor, consulente strategico, consulente finanziario e assistente legale.
EXPORT MANAGER, FONDAMENTALE PER LE PMI CHE GUARDANO ALL’ESTERO
Probabilmente la figura più importante per una piccola o media impresa che guarda all’estero, l’export manager deve avere una conoscenza più che vasta ed approfondita del Made in Italy per promuoverlo efficacemente nel mondo, padroneggiare almeno due lingue straniere, conoscere i mercati target di riferimento ai quali intende rivolgere l’attività dell’azienda, essere disposto a frequenti trasferte per meeting con i clienti. L’obiettivo principale è ovviamente quello di aumentare le vendite e sviluppare un ottimo piano di business per l’impresa in ambito internazionale, raggiungendo il budget di vendita attraverso la gestione dei Paesi di propria responsabilità.
L‘export manager ideale, ha il compito di selezionare nuovi mercati, predisporre strategie e politiche operative efficaci per il suo accesso, scegliere le migliori vie di distribuzione e monitorare l’andamento dell’impresa sul mercato di destinazione; deve essere dotato di capacità commerciali e di negoziazione, conoscere il web e le nuove strategie di comunicazione.
Per selezionare i mercati sui quali concentrare il proprio raggio d’azione è necessaria un’analisi preliminare molto dettagliata dal punto di vista economico, sociale e politico; ecco dunque che l’export manager deve essere in grado di effettuare una ricerca sulle possibilità di vendita dei beni di consumo ed industriali nei mercati esteri; deve segmentare i mercati e posizionarvi i prodotti, definendo una strategia di marketing internazionale. Ancora, è fondamentale per questa figura conoscere le modalità di stesura di un contratto di rappresentanza, eventualmente organizzando anche una filiale estera e affrontando i trasferimenti di know-how e joint-venture.
I settori che ad oggi cercano maggiormente figure di export manager sono quello alimentare, meccanico, chimico, produzione di materie prime, componentistica di base.
Qualora l’azienda non dovesse disporre di risorse adeguate per assumere un export manager a tempo pieno, può sempre fare riferimento al temporary export manager: si tratta di uno specialista che supporta l’imprenditore nel definire le strategie di internazionalizzazione e nell’intraprendere i primi passi verso l’export; talvolta viene condiviso da più imprese, che riescono così a suddividersi i costi necessari.
PMI ED EXPORT: LE FIGURE CHIAVE PER IL SUCCESSO DELL’IMPRESA ALL’ESTERO
Prima di passare alla vera e propria esportazione però, bisogna delineare una strategia teorica da seguire: ecco perché è fondamentale la presenza di figure quali il consulente strategico e il consulente finanziario. Il primo effettua un’attenta analisi di mercato su cui puntare, verificando dimensioni e potenzialità di sviluppo per l’azienda e monitorando i possibili concorrenti, il sistema di distribuzione, esaminando la documentazione necessaria per l’esportazione. Il consulente finanziario invece è necessario per poter comprendere in modo chiaro ed evidente quali saranno le possibilità di ricavo per l’impresa che punta all’export.
Alcuni studi finanziari seguono ogni fase dell’internazionalizzazione, affiancando l’azienda nella fase della trattativa commerciale e in quella della redazione del contratto. Discorso diverso invece per quanto riguarda il consulente per i finanziamenti: questa figura si occupa delle agevolazioni per le PMI esportatrici e conosce quindi alla perfezione le numerose leggi che regolano la materia. Tale consulente è molto importante, dal momento che circa il 70% delle aziende non conosce tutte le possibilità di finanziamento pubblico erogate in loro favore. Per poter comprendere quali siano tali possibilità in un caso di internazionalizzazione specifico occorre individuare le tipologie di sostegno per lo sviluppo dell’iniziativa, in base al Paese di destinazione e al progetto che si intende intraprendere; da non dimenticare che oggi è possibile anche fare ricorso a finanziamenti di tipo privato, che operano congiuntamente al sostegno pubblico.
Qualora infine dovessero sorgere delle controversie durante o nella fase successiva alla redazione del contratto internazionale, si rende necessaria la presenza di un assistente legale: ciascun Paese infatti ha una propria legislazione che va compresa nel minimo dettaglio, per evitare inconvenienti negli affari futuri.
Anche il governo si è attivo nella direzione della promozione di nuovi incentivi per facilitare l’ingresso nei mercati esteri delle nostre imprese: tra le varie misure, è stato previsto lo stanziamento di un fondo da 20 milioni di euro da distribuiti alle aziende interessate a fornirsi di un temporary export manager per sei mesi. I voucher attraverso cui tali finanziamenti sono stati erogati hanno come destinazione le imprese che in almeno uno degli ultimi tre esercizi hanno registrato un fatturato superiore a 500.000 euro; sono incluse anche le reti di impresa e le cooperative. Ogni hanno vengono stanziati nuovi fondi.
LA FIERA, STRUMENTO DI MARKETING PRINCIPALE PER L’EXPORT
La strategia migliore per puntare all’estero non è più, come una volta, quella di supportare l’importatore o distributore nella partecipazione ad una fiera; focus principale è invece la preparazione dell’evento-fiera vero e proprio, considerato oggi lo strumento di marketing per comunicare una presenza strutturata a nuovi potenziali clienti.
La fiera è dunque ancora attuale perché la globalizzazione impone, permette e facilita il contatto diretto con produttore e prodotto. La partecipazione alla manifestazione va preparata e poi fatta seguire da una pianificazione mirata al raggiungimento dell’obiettivo aziendale specifico per quel Paese. Non si tratta dunque di modificare il ruolo delle fiere nell’export management, ma di modificare il ruolo dell’export manager nella partecipazione ad una fiera.
Fonte: honegger.it
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